In Italia una normativa antifumo a tratti poco chiara e frutto di interventi legislativi contraddittori rende difficile distinguere ciò che è consentito da ciò che non lo è
Il legislatore è intervenuto in materia di fumo in modo repentino e sconnesso, dopo un vuoto "vuoto legislativo" durato diversi anni. Tutti i provvedimenti susseguitisi nel corso del tempo, hanno introdotto limiti sempre più stringenti al tabacco, sia dal lato consumo, che da quello del commercio. La situazione ha cominciato a confondersi ulteriormente, quando sul mercato è comparso un altro protagonista, la sigaretta elettronica. La natura ambigua e poco chiara di quest’ultima, ha contribuito ad un excursus normativo abbastanza variegato e a tratti contradditorio.
La legge Sirchia nel 2003 all'articolo l'articolo 51 introduceva il divieto di fumo nei luoghi pubblici. Quest'ultimo fu esteso anche alle sigarette elettroniche dopo il decreto legge 28 giugno del 2013 n.76, che aggiungendo un ulteriore articolo, il 10 bis, di fatto realizzava un’equiparazione tra sigaretta elettronica e sigaretta tradizionale.
A breve distanza di tempo, nel mese di novembre è intervenuta una nuova legge, la 128/2013 che abrogava quel famoso 10 bis e il suo principio di equiparazione, rendendo quindi possibile, l'utilizzo della sigaretta elettronica, anche nei luoghi pubblici. L'imput legislativo, in questo caso, era provenuto da un atto legislativo dell'Unione Europea, che cominciava a vedere in modo positivo la sigaretta elettronica, identificandola come uno strumento portatore di esternalità positive, dal momento che contribuiva a ridurre i consumi dei tabacchi e di conseguenza i danni alla salute ed economici ai servizi sanitari dei singoli stati membri.
L’ultimo passo del legislatore italiano, è stato il Decreto Lgs. n. 6 del 12 gennaio 2016, con cui ha recepito una Direttiva dell'Unione Europea denominata Tobacco Products Directive. L'obiettivo primario di questo atto legislativo, è quello di dissuadere i consumatori, specie quelli giovani, dall'acquisto di prodotti a base di tabacco e nicotina. Le regole fissate, sul piano pratico, oltre a colpire il commercio dei prodotti contenenti tabacco e succedanei hanno agito imponendo dei divieti relativi alla sigaretta elettronica.
L’esito di tutti questi interventi, ci restituisce una situazione normativa che non eccelle per trasparenza, e che risulta affetta da non pochi problemi interpretativi. Alla luce della normativa vigente esiste ancora la possibilità di usare la sigaretta elettronica nei luoghi pubblici ma con qualche limitazione. Si può sostenere che è possibile, a patto che i liquidi per sigaretta elettronica non contengano nicotina. In caso contrario, si è esposti, almeno in linea teorica, alle limitazioni che riguardano le sigarette tradizionali.
In definitiva se prima era sufficiente mostrare una sigaretta elettronica per avere ragione, ora le nuove norme hanno ampliato il margine di contenzioso. Sul piano probatorio poi, esistono delle difficoltà. Risulta difficile nell'immediatezza di una contestazione, verificare la composizione del liquido per sigarette elettroniche che il fumatore sta utilizzando. Si potrebbe esibire il flacone, ma le difficoltà restano comunque, a fronte anche di tanti consumatori che autoproducono i loro liquidi selezionando i componenti.
Restano fermi poi, i limiti precendenti, ovvero quelli che vietavano l'uso della sigaretta elettronica in tutte le scuole fino alle secondarie e in tutti i locali (esclusi i liquidi nicotina free). Per estendere il divieto in locali non espressamente previsti dal legislatore, gli enti devono affiggere un cartello che indichi anche la fonte di legge all'origine del divieto, e i motivi per cui quella specifica area dovrebbe rimanere libera dallo svapo. Può essere il caso, ad esempio, di un laboratorio di analisi dove i vapori della sigaretta elettronica andrebbero a contaminare i campioni presenti; oppure di un cinema, in quanto è da ritenersi un’area chiusa con elevata presenza e densità di persone.
Ulteriori informazioni sono presenti sul portale del Ministero della Salute.